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Ricetta: quinoa con merluzzo, carote e curry

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Chi si rivolge al mio studio di Nutrizione sa quanto promuova con passione questo fantastico alimento che è la quinoa. Ho già scritto un post in merito in passato, e non ha bisogno di ulteriori presentazioni. Ho avuto modo di conoscerla nel suo luogo di origine, l'altipiano andino, e sono contenta che anche in Italia inizi ad essere più conosciuta.

Voglio solamente ricordare che ha un apporto proteicopiù elevato rispetto ad altri cereali (circa l'11-12%), contiene flavonoidivitamina E e quantità elevata di acidi grassi polinsaturi, in particolare l’acido linoleico. E' inoltre ricca di sali minerali, come ferro, magnesio, fosforo e calcio, vitamine C e B2. E' priva di glutine quindi è particolarmente adatta (e suggerita) per l'alimentazione del celiaco. Ma non solo! Ha un carico glicemico bassissimo, motivo per il quale i diabetici dovrebbero farne uso costante, molto di più di pasta e pane raffinati.

Oggi vorrei proporvi una ricetta gustosa: quinoa con filetti di merluzzo, curry, carote, cipolle, prezzemolo e una spruzzata di latte. Fate rosolare bene in padella la cipolla e la carota, aggiungendo un pizzico di sale e pepe se lo gradite; una volta cotte, aggiungete i filetti di merluzzo con un cucchiaio di curry. Il merluzzo impiega pochissimo tempo a cuocersi, quindi state attenti a non farlo diventare troppo duro. Apparte cuocete la quinoa insieme all'acqua (la dose giusta per due persone è sempre 1 tazza di quinoa per 1 tazza e mezza di acqua) prestando attenzione al suo punto ottimale di cottura, che deve essere al dente.

Quando la quinoa è pronta, unitela al merluzzo e alle carote in un'unica padella, aggiungendo una spruzzata di latte a fuoco lento. Quando tutto è ben amalgamato, impiattate e servite aggiungendo qualche fogliolina di prezzemolo.

Chi la prova per primo? Buon appetito!

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Ricetta: zuppa di piselli, verdure e curry

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Buon primo settembre a tutti!

In quasi tutta Italia il tempo non è dei migliori, ma è comunque ancora estate. Per questo, per iniziare il mese nel migliore dei modi vi consiglio una ricetta buonissima, semplice, adattabile sia a periodi più caldi che a quelli più freddi. E' una sorta di gazpacho modificata..

Ingredienti:

  • un peperone
  • due zucchine
  • una melanzana
  • un cetriolo
  • 100 gr di piselli
  • mezza cipolla
  • uno spicchio d'aglio
  • peperoncino in polvere q.b.
  • curry
  • olio extravergine d'oliva q.b.
  • sale q.b.

Procedimento:

Cuocete in una padella antiaderente il peperone, le zucchine, la melanzana, mezzo cetriolo e i piselli con olio ed aglio (meglio se prima lo fate un po' soffriggere). Quando le verdure sono cotte, mettete nel mixer le verdure con solo una piccola parte di piselli. Ottenuta una crema, versate nel piatto e aggiungete la metà restante del cetriolo a pezzetti, il peperoncino, un filo d'olio e sale. Per decorare il piatto, aggiungete in cima la restante parte di piselli e spolverate abbondantemente con curry.

Per rendere il piatto ancora più sostanzioso, potete preparare a parte un paio di crostini di pane (quello integrale andrebbe benissimo) e accompagnarli alla zuppa. Che ne pensate?

Buon appetito!!!

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5 alimenti da bandire dalla propria tavola

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L’industria alimentare mette a nostra disposizione moltissimi cibi, più o meno preparati, che la maggior parte delle volte sono venduti come “salutari” per ovvie ragioni di marketing.
Ma siamo certi che siano davvero salutari? Come possiamo imparare a distinguere quello che ci fa bene da quello che ci fa male? 

Le regole della dietetica sono poche e molto semplici. Mantenere un buono stato di salute, con un peso normale, con una forma fisica che ci permette di sentirci bene con noi stessi non ha niente a che fare con regimi alimentari restrittivi o che propongono menù noiosi.
Vediamo insieme una lista di cinque prodotti che dobbiamo imparare a riconoscere, evitare o scegliere. La strada verso il benessere è così semplice.. bisogna solamente informarsi.

1. CIBI A BASSO CONTENUTO DI GRASSI

In natura, le molecole che danno maggiormente sapore sono gli zuccheri ed i grassi. Ecco perché si dice che le cose più buone sono quelle che fanno ingrassare! Se negli alimenti togliamo i grassi per renderli meno calorici, inevitabilmente il gusto ne risentirà. La conseguenza sarà che la gente non comprerà più quel determinato prodotto. Quindi, per renderlo più appetibile, le industrie aggiungono grandi quantità di zucchero per compensare il sapore. Mi viene subito a mente un esempio: gli yogurt. Ne troviamo tanti con la scritta 0,1% di grassi.. ma quanti zuccheri hanno? Andate a controllare. Siete ancora sicuri che yogurt sia sempre sinonimo di salute? Impariamo a scegliere!

2. SUCCHI DI FRUTTA

I succhi di frutta che troviamo al supermercato sono tutt’altro che salutari. Innanzitutto, quando c’è scritto “senza zucchero”, non è vero. Significa che quel succo non è stato addizionato con degli zuccheri, ma all’interno ne troviamo eccome, sono quelli contenuti naturalmente nella frutta! Se di frutta si può parlare. Perché la maggior parte delle volte di frutta ne è presente ben poca: i succhi vengono solo aromatizzati chimicamente con il sapore della frutta, contengono tantissimi zuccheri, conservanti e additivi artificiali. Per non parlare della fibra, totalmente assente. Morale: preferire frullati, succhi e centrifughe fatte in casa e con frutta di stagione (che quindi è più dolce e non ha bisogno di essere zuccherata).

3. PRODOTTI INTEGRALI (?)

Mi riferisco a pane, biscotti, prodotti da forno. Ad esempio, quando troviamo scritto “pane integrale”, andiamo sempre a leggere l’etichetta e le percentuali reali di farina. Scoprirete, purtroppo, che la maggior parte delle volte la percentuale di farina integrale è bassissima, per lasciare spazio alla farina raffinata di tipo 00 che, guarda caso, rende il prodotto più morbido, soffice ed appetibile. La farina integrale deve essere situata sempre al primo posto della lista degli ingredienti. In più, molti prodotti industriali contengono della crusca addizionata a un prodotto raffinato. Per loro quello sarebbe un prodotto integrale.. per noi no. Che senso ha raffinare un prodotto, per poi aggiungerci nuovamente della crusca? 

4. PRODOTTI VEGANI E BIOLOGICI

“Vegan” o “bio”, ovviamente non sono sempre sinonimo di salute. Le patatine fritte sono assolutamente vegan. E magari le patate utilizzate provengono anche da una piantagione bio. Attenzione quindi: la parola “bio" rappresenta prodotti preparati con ingredienti provenienti da piantagioni in cui non dovrebbero essere utilizzati fertilizzanti chimici o prodotti che forzano la produzione/resa. Solo questo! A noi interessa invece cosa è presente nel prodotto e le sue caratteristiche nutrizionali.

5. PRODOTTI SENZA GLUTINE

Altra moda (nata tra l’altro negli Stati Uniti): i prodotti senza glutine fanno dimagrire. Niente di più sbagliato! Il glutine è solo una matrice elastica che si forma grazie all’unione meccanica di farine di determinati cereali (frumento, farro, orzo) e l’acqua. Chi è intollerante a questa matrice, ovviamente non può mangiare cibi che la contengono. Chi non è intollerante al glutine non ha nessun motivo di non mangiare prodotti che ne sono privi. Anche perché, purtroppo, i prodotti per celiaci sono fra i più insani sul mercato. 

Questi sono solo cinque esempi di prodotti da saper scegliere, ma anche quelli che colpiscono maggiormente l'opinione pubblica. Impariamo ad essere critici, anche sbagliando a volte.. ma credendo fermamente che una vita migliore parte dalla semplicità, come madre natura insegna.

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Ricetta: il muscolo di grano (secondo me)

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Il muscolo di grano è un alimento vegano, ancora non conosciuto su larga scala, dalle proprietà molto nutrienti.

E’ stato ideato dal calabro Enzo Marascio nel 1991, che ad oggi commercializza tale prodotto con un marchio registrato. Potete andare sul sito web ufficiale dove, tra le altre cose, è possibile ordinarlo. La ricetta originale consiste in un preparato a base di farina di frumento (quasi sempre al 47%) della qualità pugliese Cappelli, farina di lenticchie e di soia, olio extravergine di oliva e spezie. Le varianti sul tema comprendono aggiunta di aromi, melanzane ed altri ortaggi, ma prevalentemente la ricetta si ripete sempre con la sola differenza della forma e della consistenza del prodotto finale. Si propone come una valida alternativa alla carne per i vegetariani e i vegani, ma non solo. Non ha colesterolo né grassi saturi perché è 100% vegetale. Io personalmente lo trovo davvero buono, ha un apporto calorico limitato e può rappresentare una pietanza innovativa con cui stupire gli ospiti a cena o i propri familiari.

Le fonti proteiche sono quelle derivanti dalle farine dei legumi (lenticchie e soia), e per questo il muscolo di grano rappresenta un alimento più nutriente di seitan e tofu. Tra l’altro, la preparazione è davvero molto semplice. L’azienda produttrice non fornisce indicazioni precise circa la composizione originale, ma nutrizionalmente parlando, su 100 gr, dovrebbe corrispondere ad una fettina di carne molto magra. E’ adatto per chi desidera ridurre il contenuto di proteine animali nella propria dieta, ma per la presenza di glutine non è adatto all'alimentazione del celiaco. Inoltre, ha un ridotto contenuto in ferro altamente biodisponibile, non contiene vitamina B12 e nemmeno tutti gli amminoacidi essenziali; per questo ed altri motivi, il muscolo di grano non può sostituirsi completamente alla carne. La fonte lipidica è prevalentemente quella dell’olio extravergine di oliva, quindi ottima, e l’assenza di nitriti, nitrati e di coloranti me ne hanno fatto innamorare.

Passiamo alla parte divertente: il muscolo di grano è un alimento molto versatile e personalizzabile. Si possono aggiungere farine diverse da quella di lenticchie, o mescolarle fra loro; inoltre, si possono aggiungere spezie, aromi e verdure a proprio gusto. Per chi volesse dilettarsi a casa senza acquistare il muscolo di grano sul web o nei supermercati biologici (non sempre così economici) ecco qui una ricetta davvero buona e felicemente sperimentata qualche settimana fa.

Base di partenza: 200 gr di glutine di frumento e 100 gr di farine o di ceci o di lenticchie o entrambe (in questo caso 50+50 gr). Visto che in tutto sono 300 gr, occorre aggiungere 300 ml di acqua per l'impasto. Il rapporto farine/acqua, infatti, deve essere sempre circa di 1:1.

Prima dell'acqua, aggiungete un po' di sale e spezie a piacere secondo i gusti. Io ho usato curry, paprika dolce, curcuma. Per renderlo ancora più saporito si possono usare olio extravergine di oliva, pomodorini, basilico, olive, rosmarino, salvia, menta, cipolla, aglio sfumato con vino bianco e mandorle. Impastate tutto e quando il composto è omogeneo lasciar riposare per 10 minuti. Nel frattempo, occorre preparare il brodo con cipolla, carota, sedano, salsa di soia e alga kombu. Io ho aggiunto un anche un pezzettino di zenzero fresco (che adoro!).  Aggiungetele ad occhio, e non preoccupatevi se vi sembra che ci siano troppe spezie durante la cottura, poiché si perderanno un po'. Personalmente ho aggiunto anche un pochino di peperoncino.

Arriva ora la parte un po’ più tecnica: occorrono dei bicchieri oleati di dimensione abbastanza grande dove porre il composto per farlo poi scivolare dentro una retìna, insaccandolo. La retina potete trovarla in tutti i supermercati, altrimenti va benissimo anche quella della farmacia. Quando il brodo bolle, mettete a cuocere il composto per circa 40 minuti.

Quando è cotto, spegnete e lasciate freddare il muscolo. Rimuovere la retina ed aggiungere al piatto anche tutte le componenti del brodo vegetale. Si può decidere inoltre se lasciarlo intero, o tagliarlo a pezzettini (come preferisco). In rete troverete tantissime varianti di forma, ma, a meno che non siate esperti di cucina, vi raccomando di tagliarlo nel modo più semplice possibile.

Chi ha il coraggio di prepararlo e di farmelo sapere?

Buon appetito!

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I grassi

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I lipidi (da lipos, grasso), dal punto di vista chimico, comprendono numerose sostanze con caratteristiche e proprietà diverse, insolubili e solubili. 

Di piccola dimensione, presentano una parte caratterizzata dalla presenza di almeno una catena di atomi di carbonio e idrogeno più o meno lunga, chiamata acido grasso.

A noi interessano principalmente due tipi di lipidi: 

  • quelli a funzione energetica, detti anche di deposito o di riserva, i cosiddetti trigliceridi. Vengono immagazzinati nei semi o nei frutti dei vegetali oppure accumulati nel tessuto adiposo degli animali (come l’uomo). 
  • quelli a funzione strutturale (fosfolipidi, glicolipidi e colesterolo), che formano le membrane delle cellule e il tessuto nervoso.

Inoltre, alcuni composti a funzione regolatrice rientrano nella classe dei lipidi, come le vitamine liposolubili e le sostanze derivate dal colesterolo.

Gli acidi grassi sono molecole ad almeno quattro atomi di carbonio, fino ad un massimo di 24-26, che contengono un gruppo funzionale carbossilico -COOH. Differiscono fra loro per la lunghezza della catena e per l’assenza o la presenza di doppi legami lungo di essa. 

In particolare, si parla di acidi grassi saturi quando i legami sono tutti semplici (-C-C-), monoinsaturi quando contengono un doppio legame (-C=C-) e polinsaturi quando i doppi legami sono due o più.

Gli acidi grassi saturi prevalgono nel mondo animale, mentre gli insaturi si trovano prevalentemente nei vegetali e nel pesce.

Tra gli acidi grassi più diffusi sono da ricordare il palmitico e lo stearico (saturi), l’oleico (monoinsaturo), il linoleico o omega 6 e il linolenico o omega 3 (polinsaturi). Questi ultimi due sono anche detti acidi grassi essenziali (AGE), poiché il corpo umano non può sintetizzarli ma deve assumerli sistematicamente attraverso la dieta. Gli AGE e i loro derivati sono importanti perché costituenti dei fosfolipidi delle membrane cellulari e perché regolano la concentrazione di colesterolo nel sangue, come effetto preventivo dell’aterosclerosi, che ricordiamo essere la formazione anomala di placche di lipidi lungo le arterie, che tendono col tempo ad indurirsi a predisporre ad infarto ed ictus. In particolare, ricordiamo, tra gli acidi grassi a lunga catena, l’acido eicosapentaenoico (EPA) e il docosaesanoico (DHA), derivati dell’omega 3 e presenti nel pesce. Essi aiutano anche ad incrementare i livelli di colesterolo HDL (il “colesterolo buono”) e a favorire l’eliminazione dei trigliceridi dal flusso sanguigno.

Dall'altra parte, da molti anni, è stato accertato che i principali acidi grassi che alzano il livello di colesterolo, aumentando i rischi di malattie cardiovascolari, sono gli acidi grassi saturi con 12 (acido laurico), 14 (acido miristico) e 16 (acido palmitico) atomi di carbonio. 

Senza titolo

Un aspetto interessante da approfondire riguarda il fatto che gli uomini del paleolitico introducevano una dieta con rapporto omega 6: omega 3 = 2 : 1, quindi una quantità circa doppia di acido linoleico rispetto al linolenico. Uno dei prodotti della via biosintetica dell’omega 6 è l’acido arachidonico, la cui presenza è stata associata con un aumento di fenomeni infiammatori generali. La dieta moderna occidentale, ha portato il precedente rapporto a un 15-25 : 1.

E’ ormai accreditata l’ipotesi che da un alterato rapporto fra questi due acidi grassi essenziali possano scaturire fenomeni infiammatori.

Proprio per questo motivo, la pubblicità dell’Olio Cuore (che tutti ricordiamo, trattasi di olio di semi di mais), nel 1998 è stata censurata in quanto ritenuta come “pubblicità ingannevole”. La pubblicità descriveva il prodotto come un olio leggero, salutare e dietetico. Non esistono certezze scientifiche circa gli effetti positivi dell’olio di mais sulle malattie cardiovascolari; tutt’altro, l’olio di mais contiene una considerevole quantità di acidi grassi polinsaturi che possono comportare conseguenze negative per la salute (sempre grassi sono!). 

I gliceridi invece, sono i grassi più diffusi. Si formano dall’unione del glicerolo e di più acidi grassi (di-gliceridi se sono due, tri-gliceridi se sono tre). I grassi propriamente detti sono quelli in cui prevalgono gli acidi grassi saturi; essi sono solidi o semi solidi a temperatura ambiente, come ad esempio il burro e lo strutto. Sono invece generalmente indicati come oli i lipidi in cui prevalgono gli insaturi, che sono liquidi a temperatura ambiente (come l’olio d’oliva).

Gli steroidi sono un gruppo di composti che comprendono il colesterolo e i suoi derivati. Il colesterolo è una molecola di grande importanza biologica, componente delle membrane cellulari ed è anche il composto a partire dal quale il corpo sintetizza alcuni ormoni e gli acidi biliari. Il fegato di un uomo adulto sintetizza circa 4 gr di colesterolo al giorno (il 70% del fabbisogno quotidiano!), cui si somma quello introdotto dagli alimenti. Gli alimenti che ne contengono di più sono tuorlo dell’uovo, il cervello e le frattaglie. Un eccessivo apporto alimentare di colesterolo può determinare un aumento del suo apporto nel sangue (ipercolesterolemia) e costituire un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. 

Come già accennato, anche i grassi saturi contribuiscono all’aumento del colesterolo nel sangue, in particolare di quella frazione detta colesterolo “cattivo” o LDL, responsabile dei fenomeni arteriosclerotici, rispetto a quello buono o HDL.

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Verso il "gluten friendly"

glutenfriendly

Al giorno d'oggi i celiaci hanno a disposizione una gran quantità di prodotti, che però non risultano sempre appetibili e salutari. Dall'Università di Foggia arriva una novità. Un brevetto di un metodo che non eliminerebbe il glutine nella preparazione di prodotti industriali, ma che ne cambierebbe le proteine, che subiscono cambiamenti tali da non scatenare – nel soggetto affetto da celiachia – la cosiddetta “cascata infiammatoria”, meglio nota come «intolleranza al glutine».

Si passerebbe quindi dal "gluten free" al "gluten friendly"... con tutta una serie di riscoperte e vantaggi per i soggetti celiaci.

http://www.unifg.it/notizie/gluten-friendly-importante-scoperta-alluniversita-di-foggia

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Alzheimer e nutrizione: le prime linee guida?

                                                          Illustrazione di Gianluigi Marabotti

                                                          Illustrazione di Gianluigi Marabotti

Pubblico sul blog l'articolo che ho scritto per La Scuola di Ancel uscito la settimana scorsa, su un argomento che probabilmente interesserà un po' a tutti.. i legami fra la nutrizione e la Malattia d'Alzheimer. Buona lettura!

Attualmente non si conoscono né le cause né le terapie della malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza degenerativa invalidante. È una malattia complessa e multifattoriale, dovuta cioè a numerosi fattori, ambientali e genetici. Nel rapporto mondiale del 2010 è stato calcolato che ci sono circa 35,6 milioni di persone affette da demenza, che aumenteranno a 65,7 milioni nel 2030. In Italia, nell’ultimo secolo, la frazione di ultrasessantacinquenni si è quasi triplicata e, dunque, la demenza strettamente legata all’invecchiamento è destinata a diventare un rilevante problema clinico, sanitario ed economico.

I farmaci in commercio riescono solo ad alleviare i sintomi dell’Alzheimer e la comunità scientifica sottolinea sempre con più convinzione l’importanza della prevenzione, attualmente l’unico valido strumento per affrontare la malattia che sfortunatamente è progressiva. È necessario porre l’attenzione sulla qualità dell’ambiente che ci circonda e sul nostro stile di vita, che comprende naturalmente un’alimentazione sana ed equilibrata. Da pochi anni a questa parte si discute della possibile associazione tra nutrizione e malattia di Alzheimer e di come la prima possa aiutare a prevenire la seconda. A tal proposito, è da poco uscita una review nella quale si cercano di stilare delle linee guida alimentari nell’ambito della prevenzione dell’Alzheimer.

Partendo dal presupposto che ancora non si riesce a far luce sul declino cognitivo patologico e che i dati in letteratura sono a volte controversi, di difficile interpretazione e ancora insufficienti, si assume che i fattori maggiormente implicati per le malattie cardiovascolari e il diabete siano gli stessi anche per l’Alzheimer. Secondo l’autore del lavoro, le raccomandazioni sono essenzialmente sette.

  1. Ridurre al minimo i grassi saturi e trans. Una dieta con dosi eccessive di grassi saturi e trans è stata associata al rischio di malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2, a loro volta associate con il rischio di Alzheimer. Inoltre, l’allele APOE4, che aumenta il rischio di insorgenza della demenza, produce una proteina che gioca un ruolo chiave nel trasporto del colesterolo.
  2. Consumare frutta, verdura, legumi e cereali integrali. Il consumo di verdura e cereali è associato alla riduzione del declino cognitivo, mentre quello della frutta e dei legumi alla protezione da malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2. In particolare, i folati e la vitamina B6, contenuti in molti tipi di frutta e verdura, agiscono come cofattori per la metilazione dell’omocisteina, la cui presenza eccessiva può essere associata a un maggiore rischio di declino cognitivo.
  3. Assumere lavitamina E dalla dieta e non dagli integratori. Una buona assunzione di vitamina E, contenuta ad esempio nell’olio extravergine di oliva, nelle mandorle e nelle noci, è associata a una minore incidenza dell’Alzheimer, a differenza di quella contenuta negli integratori, la cui assunzione non sembra mostrare gli stessi benefici.
  4. Assumere vitamine del gruppo B. Specialmente la B6 e la B12 sono importanti per la salute del sistema nervoso e per la formazione delle cellule del sangue.
  5. Preferire gli integratori multivitaminici senza rame e ferro. Il rame e il ferro sono essenziali per le funzioni enzimatiche, la formazione dell’emoglobina e di alcune proteine. Tuttavia, è preferibile assumerli attraverso una dieta equilibrata, poiché alcuni recenti studi hanno dimostrato che un loro eccessivo uso potrebbe essere associato, per alcuni individui, a problemi cognitivi.
  6. Minimizzare l’esposizione all’alluminio. Contenuto in pentole per cottura, antiacidi, lieviti in polvere, è considerato potenzialmente neurotossico (in grandi quantità), nonostante la questione sia ancora controversa. È stato riscontrato, da analisi post-mortem, nel cervello delle persone affette da Alzheimer.
  7. Includere esercizio aerobico nella propria routine. Studi osservazionali hanno più volte dimostrato come le persone che si allenano per un minimo di 40 minuti tre volte alla settimana hanno un minor rischio di ammalarsi di Alzheimer. Come per le malattie cardiovascolari e il diabete, l’attività fisica deve entrare a far parte del nostro stile di vita di pari passo con una corretta alimentazione.

Bibliografia
- Barnard ND, et al. — Dietary and lifestyle guidelines for the prevention of Alzheimer’s disease — Neurobiol Aging. 2014 May 14. pii: S0197-4580(14)00348-0. doi: 10.1016/j.neurobiolaging.2014.03.033
World Alzheimer Report 2010: The Global Economic Impact of Dementia
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Il sale rosa dell'Himalaya

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In passato le mie conoscenze sul sale da cucina si limitavano al comune cloruro di sodio (iodato o non), nonostante il sale non sia tutto uguale. Ne esistono di molti tipi, di diversa provenienza, e con colori diversi tra loro. Studiando e ricercando, ho conosciuto il sale rosa dell’Himalaya. 

Andiamo però con ordine. Il cloruro di sodio (NaCl), è il sale di sodio dell'acido cloridrico. E' il classico sale da cucina, molto abbondante in natura. La maggior parte è disciolta nel mare, e arriva sulle nostre tavole grazie a processi di evaporazione di ampi specchi d’acqua situati in stabilimenti detti saline. In parte si trova anche come minerale allo stato solido in giacimenti di terraferma, le salgemme. I cristalli di sale così ottenuti sono generalmente sottoposti a raffinazione, che prevedono passaggi per rimuovere residui di minerali (zolfo, magnesio, calcio, potassio, ferro) e polveri, per ottenere una percentuale quanto più pura di cloruro di sodio (99,5%). La critica più grande che viene mossa riguarda i mari, sempre più inquinati, che fornirebbero sale molto impuro e costretto quindi a processi di raffinazione  aggressivi.

Come si sa che il sale è fondamentale per la vita sulla terra (basti solo pensare alla trasmissione dei segnali sensoriali e motori lungo il sistema nervoso), si sa anche che è dannoso soprattutto per le persone che soffrono di pressione alta, di insufficienza renale, di cirrosi. In generale l'uso di sale va sempre limitato nella propria dieta, anche dalle persone sane, perché nel tempo predispone all'ipertensione e alla ritenzione idrica. Favorisce inoltre l'escrezione renale di calcio, di cui la dieta è spesso povera. Stimola ovviamente la sete, aumentando il rischio di assunzione di bevande molto caloriche (zuccherate ed alcoliche).

Per quanto riguarda il sale rosa dell'Himalaya,si tratta di un sale di roccia, ottenuto per estrazione nelle miniere di Khewra, in Pakistan, la seconda più grande miniera di sale del mondo (dopo quella boliviana di Uyuni). Queste miniere si sono formate milioni di anni fa a seguito dell’evaporazione di ampi specchi di mare contenuti nelle catene montuose himalayane. Dappertutto si legge che è considerato uno dei sali più pregiati al mondo, perchè oltre al cloruro di sodio conterrebbe molti più oligoelementi e sali minerali. Ma quali? E quanti? Non c’è molta chiarezza tra le fonti che ne parlano, senza contare che comunque più del 95% è composto da cloruro di sodio.

Gli sono state attribuite molte proprietà benefiche, le più curiose sono la regolazione della pressione sanguigna, la depurazione dell’intestino dalle tossine, la cura di malattie da raffreddamento, la cura di malattie legate all’ansia e ai disturbi della concentrazione. La tradizione vuole che venga raccolto a mano, selezionato, lavato in soluzione satura per togliere polvere e residui, eventualmente macinato e impacchettato. Non dovrebbe avere nessuna aggiunta di altri componenti chimici. Il suo colore generalmente è rosa pallido, per via dell’alto contenuto di ferro, che però è scarsamente biodisponibile e quindi non del tutto assimilabile dall’organismo. La verità è che assunto in dosi eccessive fa male tanto quanto il comune sale da cucina, e la presenza di eventuali sali minerali in più è minima. Di nuovo, nulla che non si possa prendere da altri alimenti, anche da altri tipi di sale meno raffinati prodotti però in Italia. In più, le miniere di Khewra sono un’attrazione turistica con circa 250.000 visitatori all’anno, e il sale viene ormai estratto con metodi industriali. Il suo costo è a mio avviso ingiustificato e sproporzionato.

L’unico fattore che lo distingue? Il sapore. Ha un gusto più delicato del normale sale da cucina, ed effettivamente esalta con gentilezza il sapore delle pietanze.

Attendo pareri!

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Ricetta: mini anguria gialla e semi di chia

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Per la prima volta ieri ho assaggiato le mini angurie gialle. Di sapore molto simile alle tradizionali rosse, sono l'ideale per la colazione o uno spuntino.

Ho aggiunto qualche seme di Chia, ma si possono benissimo sostituire con mandorle o noci, o perché no, semi di sesamo.

Mini anguria gialla

Che ne pensate? Provateci!

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6 modi per riconoscere un vero professionista della nutrizione

nutritionist

E' arrivata l'estate, e con lei un fiorire di informazioni su portali, riviste, volantini, su un unico argomento: il perdere peso prima di andare in vacanza. Al giorno d’oggi tutti sembrano essere diventati esperti di alimentazione e si fa fatica a districarsi nel mare di informazioni, dalle quali siamo costantemente bombardati da ogni lato. Che si tratti di diete last-minute su riviste settimanali, consigli su siti web, piani alimentari da persone generiche, dico: bisogna prestare attenzione con chi ci si rapporta.

In Italia, sono solo due le figure che possono elaborare regimi alimentari in piena autonomia. Parlo del Medico e del Biologo. Controllate quindi sempre che abbiano la laurea e che siano iscritti ai rispettivi albi. E' semplice e alla portata di tutti, basta effettuare una ricerca sui siti degli Ordini Professionali. Purtroppo, e sottolineo purtroppo, anche questo non è sempre sinonimo di garanzia. Di seguito riporto le caratteristiche che un buon Nutrizionista dovrebbe avere, e che, a mio avviso, è sinonimo di professionalità e competenza.

1)  Non dovrebbe promettere una perdita importante di peso in un breve periodo di tempo. Dovrebbe piuttosto stabilire con voi una tabella di marcia, che sia quanto più conforme ad uno stile di vita sano equilibrato sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico.

2) Non dovrebbe prescrivere farmaci (il Biologo NON può) o pasti sostitutivi che facciano perdere drasticamente peso.  Salvo alcune rarissime occasioni, solo controllando la propria alimentazione si può arrivare al risultato desiderato. E' inimmaginabile infatti che si possa avere questo stile di vita per sempre: quando si tornerà a mangiare, si riprenderanno tutti i kg persi, e con gli interessi.

3)  Non dovrebbe elaborare diete del tipo “dieta dell'anguria” o “dieta della frutta e della verdura verde”. Tutti i nutrienti, che siano carboidrati, grassi e proteine devono essere presenti nel giusto rapporto tutti i giorni a seconda del caso. Diffidate anche di chi prescrive diete appartenenti ad una precisa corrente. La dieta deve essere varia, completa e sostenibile.

4)  Non dovrebbe spingervi ad effettuare costosi test di intolleranze alimentari, fuorchè quelle al lattosio e al glutine. Ad oggi, sono le uniche due intolleranze la cui presenza può essere scientificamente provata con metodiche standard e ripetibili. Ricordo inoltre che le intolleranze non fanno ingrassare: piuttosto fanno stare molto male le persone che ne soffrono, quindi diffidate di chi attibuisce l’aumento di grasso a intolleranze generiche.

5)  Non dovrebbe consegnarvi la dieta il giorno della prima visita. Si tratterebbe di un modello pre-stampato che va bene per tutti. Diversamente, ogni piano alimentare deve essere strutturato ad hoc per ogni singola persona che si rivolge al Nutrizionista. Uno studio attento e preciso richiede il suo tempo, ma d'altronde la scrupolosità della visita compensa l'attesa.

6)  Non dovrebbe promettervi che la dieta risolve ogni problema. Bisogna cambiare stile di vita, e quindi introdurre nella propria quotidianità l'attività fisica. Se si è convinti nel cambiare registro e mantenere i risultati a lungo termine, dobbiamo anche muoverci. La dieta aiuta, ma non è la soluzione.

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