I test delle intolleranze sono davvero utili?
Test delle intolleranze sì o no? Sono validi strumenti per capire se abbiamo problemi di malassorbimento o se un determinato cibo ci fa male, non facendoci perdere magari peso? Con la newsletter di oggi, che forse ti farà un po’ sospirare, spero di chiarirti definitivamente tutti i dubbi.
Partiamo da una premessa doverosa:
c’è un’enorme differenza tra le allergie e le intolleranze alimentari,
spesso ritenute la stessa cosa.
I termini "allergia" e "intolleranza" indicano entrambi una reazione indesiderata quando il nostro organismo viene in contatto con una determinata sostanza, ma dal punto di vista clinico sono completamente diverse.
Le allergie alimentari coinvolgono il sistema immunitario. Quando una persona allergica ingerisce un determinato alimento, il corpo lo riconosce come una minaccia e reagisce producendo anticorpi chiamati IgE. Questi anticorpi determinano il rilascio di sostanze, come l’istamina, che provocano vari sintomi, immediati e potenzialmente gravi, in relazione all’organo coinvolto: orticaria, gonfiore, difficoltà respiratorie e, in casi estremi, anafilassi.
Esempi comuni di alimenti che possono causare allergie includono:
Arachidi
Frutta a guscio
Latte
Uova
Crostacei
Le allergie alimentari possono essere confermate attraverso test cutanei (Patch test, Prick test, ecc.), esami del sangue e, in alcuni casi, test di provocazione orale sotto controllo medico.
Le intolleranze alimentari, al contrario, coinvolgono l’apparato gastrointestinale ma non il sistema immunitario. Sono generalmente legate alla difficoltà di digerire certi componenti alimentari. I sintomi delle intolleranze sono spesso meno gravi rispetto alle allergie e possono includere disturbi gastrointestinali come gonfiore, diarrea e crampi addominali che possono manifestarsi ore o addirittura giorni dopo aver consumato l'alimento.
Queste reazioni avverse al cibo costituiscono ancora una delle aree più controverse della medicina: non sono sempre chiari i meccanismi che ne stanno alla base e c’è ancora molta incertezza sulla sintomatologia clinica, sulla diagnosi e sui test che vengono utilizzati per effettuarla. Di conseguenza, ci sono differenze di opinione sulla diffusione di questi disturbi e sul loro impatto sociale. Personalmente, però, mi affido sempre alle certezze che la scienza ci dà in un preciso momento storico. Come disse qualcuno, fra 20 anni in medicina si scoprirà che la metà delle cose che ritenevamo giuste sono in realtà sbagliate. Bisogna capire a quale metà abbiamo creduto maggiormente….
AD OGGI, e questo è bene ribadirlo, le uniche intolleranze alimentari riconosciute dalla comunità scientifica sono:
Lattosio (zucchero presente nel latte)
Glutine (proteina presente nel grano, nell'orzo e nella segale)
Questo perché esistono dei sistemi di diagnostica specifici e validati (come per es. il Breath Test nel caso del lattosio) che, anche se ripetuti 100 volte, danno sempre lo stesso risultato.
Esistono dei “test alternativi” (per esempio il test citotossico, sì… quello che probabilmente hai fatto anche tu almeno una volta nella vita spendendo 200 euro inutilmente, ahimè!) per diagnosticare le intolleranze alimentari, ma sono privi di attendibilità scientifica e non hanno dimostrato efficacia clinica. Ne esistono di molto fantasiosi come il Vega Test, il test dell’analisi del capello, il test delle boccette ripiene di liquido: invito a diffidare di qualsiasi specialista nel campo sanitario che si affida a questi strumenti. Non hanno nessuna validità e soprattutto potere diagnostico!
Questo vuol dire che NON ESISTE l’intolleranza al lievito, o l’intolleranza alla cipolla. Piuttosto, i fastidi che avvertiamo quando ingeriamo questi o altri alimenti (ad esclusione di quelli che causano un vera intolleranza!) sono da associarsi a squilibri della nostra flora batterica intestinale che non è sufficientemente in salute e non riesce a digerire in maniera ottimale. La soluzione, quindi, non è eliminare quell’alimento che ci causa un disturbo ma riparare la nostra flora batterica attraverso un’opportuna integrazione e un piano alimentare ad hoc (che, paradossalmente, deve prevedere un’ampia varietà di alimenti per poter “riabituare” l’intestino a tollerare tutto, ma davvero tutto).
Il trattamento per le VERE intolleranze alimentari, come per le allergie, consiste nell’eliminare dalla dieta gli alimenti che provocano la reazione.
Ma allora perché quella volta che ho eliminato pizza e pane
che mi gonfiavano tantissimo ho perso anche peso?
Semplice, perché eliminando tutti i lievitati (pane, pizza, dolci), pensando di avere un’intolleranza al lievito… in realtà hai operato una semplice restrizione calorica, che ti ha permesso di perdere il peso. Stessa cosa vale per qualsiasi altra forma di alimento.
Pensaci bene: di solito gli alimenti che gonfiano o indispongono maggiormente sono quelli che contengono molti carboidrati complessi o molti grassi (primi fra tutti: i formaggi). Pensiamo allora di avere un’intolleranza ai carboidrati o ai latticini, quando in verità questi sono alimenti che, a prescindere dalla loro presenza di glutine e lattosio, sono difficili da digerire da parte del nostro intestino e richiedono del lavoro in più. Se ne abusiamo, il nostro apparato gastroenterico ne risentirà, ma questo non significa che siamo intolleranti… semplicemente non dobbiamo mangiarne troppi perché densi di energia!