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5 diversi buoni propositi per il nuovo anno
Mi rendo conto di quanto poco durino i buoni propositi che ogni primo dell'anno una persona segna sulla propria agenda nuova, da inaugurare, da riempire con ordine o distrattamente. Finito l'entusiasmo delle feste e dei ritmi più lenti, le liste stilate con così tanta cura finiscono nel cassetto. L'ho fatto anche io per anni. Poi, con il tempo, ho delineato la mia lista di priorità che cerco di rinverdire ogni weekend per 10 minuti, davanti a un caffè forte e alla mia Moleskine.
Non ha nulla di perfetto o di stabile, ma mi fa stare bene ogni volta che la leggo.
1. Planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore. Calvino mi aiuta a descrivere un concetto importante. Cercare di vivere le situazioni non di certo in maniera distaccata, ma serena, abbandonandosi al flusso degli eventi. Questo non presuppone un atteggiamento passivo, tutt'altro. Essere proattivi è la conditio sine qua non che ci permette di lavorare sui macigni più pesanti, i nostri mostri nell'armadio che se tenuti nascosti diventeranno limitanti.
2. Circondarsi di persone stimolanti. Jim Rohn dice che siamo la media delle 5 persone che frequentiamo di più. Chi è più presente nella nostra vita ci definisce, e influenza il nostro atteggiamento nei confronti della vita. Attuare una selezione delle persone che ci ispirano, che hanno da insegnarci e che ci stimolano a diventare esseri umani migliori non significa rinnegare il nostro passato. Semplicemente significa cosa scegliere di condividere e con chi.
3. Viaggiare. Personalmente viaggiare rappresenterà sempre una priorità. La maggior parte delle volte non c'è bisogno di allontanarsi tanto, altre volte i km di distanza vanno di pari passo con la portata della sfida che poniamo a noi stessi. Viaggiare non è sempre piacevole, e a volte mi ha fatto sentire scomoda, inadeguata e sofferente. Ma permette di conoscere le parti essenziali di se', quelle ancestrali. C'è uno strano motivo, che ancora non riesco a definire, che mi porta ogni volta a voler uscire dalla mia zona di conforto...
4. Prendersi delle pause. Come un post-it attaccato al frigorifero, cercherò sempre di tenerlo a mente. Abbiamo bisogno di pause. Una giornata alle terme, una lezione di yoga in mezzo alla natura, un libro in un bar del centro la domenica mattina. Staccare aiuta a focalizzare meglio le criticità della nostra routine e dar loro una valenza diversa. Dedicare del tempo a se' cambia la nostra qualità di vita, e la mia migliora il sabato mattina, quando mi dedico una colazione lenta, a casa o in posto del cuore.
5. Alimentarsi e muoversi con coscienza. Mangiare consapevolmente, avere una vita attiva. Nulla di tutto ciò ha a che fare con imposizioni dietetiche restrittive e sofferenze in palestre affollate. Non c'è niente di più gratificante che mantenere un'alimentazione sana ma appagante per poi concedersi con equilibrio quello che il nostro lato goloso ci chiede.. magari insieme a una passeggiata in centro o a una camminata veloce fra gli alberi, le montagne o sulla spiaggia. Una corsa liberatoria, una nuotata al tramonto, una pedalata fra le vetrine dei negozi che ci piacciono.
Questa è la vita che sogno, e che auguro a tutti.
Perché ne abbiamo bisogno, perché in fondo ce lo meritiamo.
Buon anno nuovo!
Quando mangiare diventa un'esperienza
Fino a poco tempo fa non prestavo molto interesse alla cucina gourmet. Ma cosa significa veramente cucina gourmet? Significa bella da vedere e buona da mangiare. Che sia caratterizzata da pietanze raffinate, gustose, impiattate in modo impeccabile ed elegante. Che riesca a penetrare tutti i cinque sensi, e non solo il gusto.
Ma a mio avviso significa molto di più: è un viaggio alla ricerca dei sapori, degli abbinamenti perfetti, di una storia da raccontare, di un'esperienza da vivere.
Facciamo un piccolo passo indietro. L'attenzione allo strettissimo legame fra cibo e personalità e su come il primo influenzi la seconda, venne amplificata durante il '700 in Francia, in pieno periodo illuminista. La caratterizzazione del nostro pensiero e del nostro modo di essere per la prima volta pose la lente d'ingrandimento su ciò che mangiamo. Iniziò così una vera e propria rivoluzione intellettuale, che nel 1896 incontrò la genialità di André Michelin (fondatore col fratello Edouard dell'omonima azienda francese di pneumatici) con l'idea di pubblicare una guida per i turisti dei migliori ristoranti dove mangiare e dei migliori hotel dove soggiornare. Inizialmente la guida Michelin si estendeva solo sul territorio francese, mentre oggi, a più di 100 anni dalla prima pubblicazione, copre oltre 20 paesi ed è arrivata alla sua 67esima edizione. Il giudizio dei ristoranti, e di conseguenza degli chef che ne sono a capo, viene espresso in stelle (con un minimo di una e un massimo di tre) ed elaborato sulla base dell’esperienza vissuta da “ispettori” completamente anonimi, che si spostano da struttura a struttura ogni 18 mesi.
Facevo parte di un pregiudizio -davvero infondato- che la cucina ad alti livelli rappresentasse un capriccio o un vezzo di chi avesse qualcosa da ostentare. Da sempre associamo l'autenticità della cucina come l'espressione della tradizione popolare, come un qualcosa di estremamente familiare, con pochi fronzoli. Per contro, guardiamo con sospetto un ristorante che fa cucina pregiata, il classico luogo in cui "si spende tanto ma si mangia poco". Questo probabilmente ha a che fare con retaggi antichissimi del cibo associato a una necessità, e non a un capriccio. Ma se ci fermiamo a pensare, la cucina popolare non è così profondamente legata a noi stessi proprio perché ci ricorda il focolare domestico, o contesti particolari della comunità e dell'ambiente nel quale siamo cresciuti e nel quale abbiamo forgiato noi stessi? Perché uno chef non può avere la stessa opportunità, ossia quella di esprimere se stesso e i suoi ricordi attraverso le sue mani associando ricordi con sapori e odori, colori e sensazioni tattili?
Esistono tante forme d'arte: la pittura con i suoi quadri dei musei o dei mercatini d'antiquariato, i concerti di un artista che non perderemmo per niente al mondo, un'opera lirica in un teatro che ci emoziona ogni volta che ne varchiamo l'entrata. L'arte è un'espressione personale del proprio mondo interiore; lo stesso vale per la cucina. Anche esprimere se stessi mediante la ricerca delle materie prime perfette, degli ingredienti di qualità, degli accostamenti di sapore che si fondono al palato è una forma d'arte. Ma volte non riusciamo a capirlo, e pensiamo che sia un argomento di nicchia. Come recita la frase introduttiva di questo blog, "mangiare è amore, passione, condivisione". Ma lo è anche cucinare, preparare delle pietanze che riescano a trasformare l'universo di una persona in un qualcosa di concreto, quantificabile, reale.
Ho aspettato tanti anni prima di concedermi una vera cena gourmet, e la voglia che poi mi ha spinto a farlo è arrivata grazie ad una mostra a Madrid sulla genialità di Ferran Adrià, il celebre chef che tutto il mondo conosce per la sua cucina molecolare, e alla serie televisiva su Netflix Chef's Table. Si tratta di un documentario a più puntate a mio avviso illuminanti, impreziosite da una fotografia e da una sceneggiatura commoventi.
Ogni episodio parla della storia personale di uno chef, e dell'ascesa della propria carriera che lo ha infine portato all'apertura del proprio ristorante (stellato o non). Quello che mi ha colpito fin da subito è stato l'approccio intimo e personale che ogni chef ha scelto di adottare nel raccontare la propria esperienza. Sono venuta a conoscenza di storie toccanti e rare, in cui il ruolo di "cuoco" viene ben presto sostituito da quello di una persona che ha conosciuto il dolore, la disperazione, le difficoltà ma anche momenti felici ed esperienze irripetibili, che hanno forgiato il suo carattere e la sua personalità. Le emozioni che tutti i protagonisti della serie hanno vissuto durante la loro vita sono tornate a vivere nei loro piatti. I sapori, gli odori, i colori delle pietanze sono un attuale viaggio nel passato, un rivivere i ricordi più intensi che li hanno portati ad essere le persone di successo che sono oggi.
Si passa dai racconti degli attacchi di panico di Dan Barber (Stati Uniti), alle condizioni climatiche sfavorevoli della Svezia di Magnus Nillson, alla ricerca dell'essenza della vita della monaca buddista Jeong Kwan. Una perla fra tutte: Dominique Crenn, chef donna stellata di un ristorante di San Francisco, Atelier Crenn, decide di rivivere i suoi ricordi felici di bambina durante le lunghe passeggiate con il papà nelle foreste della Francia con un piatto stupefacente: "Walk in the Forest". Poesia pura.
La serie è alla sua terza stagione (con un piccolo spin-off di Chef's Table Francia), e la prima ha visto come protagonista anche l'italiano Massimo Bottura, che nel 2016 con la sua Osteria Francescana ha raggiunto il vertice della classifica dei 50 migliori ristoranti del mondo secondo la Società San Pellegrino. Tutte e tre le serie parlano di uomini e donne meravigliosi, che hanno vissuto esperienze altrettanto meravigliose, e che le hanno guidate dagli abissi della disperazione al trionfo della loro autenticità.
Solo quando si capisce cosa c'è realmente dietro la composizione di un piatto si riesce a coglierne l'essenza profonda. Ed ecco allora che si entra in uno stato mentale di gratitudine e riconoscenza, in quanto mettere a nudo le proprie emozioni attraverso il cibo non ha meno valore di scrivere una biografia, o di dipingere un quadro, o di cantare un testo. Gli chef che riescono a penetrare la sensibilità delle persone sconosciute attraverso i cinque sensi sono degli artisti, e il ristorante la loro opera d'arte. Quando il prodotto finale racchiude creatività, ingegno, genialità ma soprattutto personalità, si ha raggiunto il proprio scopo. E il loro prezzo diviene giustificato. Contrariamente a quanto si pensa, da questo tipo di ristoranti si esce tutt'altro che affamati: se si decide di optare per un menù a più portate (sempre consigliato, per cogliere la vera essenza dello chef), assicuro che si uscirà pieni e felici. Perché ci si sarà resi conto di aver vissuto una vera e propria ESPERIENZA.
Un ristorante di qualità non presta attenzione solamente al piatto. Dà molta importanza anche all'atmosfera, alla scelta dei colori delle pareti, ai materiali e ai mobili d'arredamento, al set della tavola, al modo in cui è apparecchiata, fino al personale che presenta ogni portata in un certo modo. Quasi sempre, troverete un ambiente caldo ma profondamente minimalista, quasi come a creare quell'anticamera delicata e discreta che lascia successivamente spazio al vero protagonista della serata: il cibo. Una tavola bianca, con una tovaglia candida in cotone o in lino, un centrotavola in cristallo con un solo fiore o un ramo secco: in questo modo ci si predispone ad una vera e propria esperienza di felicità.
Parlerò presto delle mie esperienze da gourmand, dando un nuovo taglio al blog. Parleremo ovviamente di nutrizione ma anche del significato profondo dell'atto del mangiare.
Un blog sulla nutri-felicità.
Bentrovati!
Cosa è veramente il "No Diet Day"?
Il 6 maggio di ogni anno si celebra il "No Diet Day", la giornata mondiale del rifiuto alla dieta. Durante questa giornata ognuno può sentirsi libero di mangiare tutto quello che vuole, dimenticandosi dell'incubo delle calorie, dell'aumento del peso e delle malattie ad esso correlate. E' stato istituito nel 1992 da Mary Evans Young in memoria di una persona che, in seguito ad atti di bullismo a causa del suo aspetto fisico, decise di porre fine alla propria vita.
Il 6 maggio di ogni anno si celebra il "No Diet Day", la giornata mondiale del rifiuto alla dieta. Durante questa giornata ognuno può sentirsi libero di mangiare tutto quello che vuole, dimenticandosi dell'incubo delle calorie, dell'aumento del peso e delle malattie ad esso correlate. E' stato istituito nel 1992 da Mary Evans Young in memoria di una persona che, in seguito ad atti di bullismo a causa del suo aspetto fisico, decise di porre fine alla propria vita.
Personalmente mi trovo molto in conflitto con questo genere di iniziative, poichè evidenzia molto bene quanto ancora la società sia schiava della parola "dieta", pensando ad essa come qualcosa di restrittivo, difficile da seguire, qualcosa da cui "scappare" almeno un giorno all'anno. Non è assolutamente così. La dieta, dal greco δίαιτα (dìaita), significa “modo di vivere“. L'alimentazione restrittiva non esiste, se equilibrata e accompagnata da attività fisica. Non smetterò mai di ripeterlo, il cambiamento più grande che dobbiamo attuare è nella nostra testa.
Nutrirsi, così come cucinare, è un processo vitale e pieno di creatività. Si possono trovare tante gioie quotidiane dentro di sé solo pensando a cosa cucinare a pranzo o a cena, a come poter comporre la propria colazione in una maniera diversa o insolita, a come condire una pietanza abbinandola ad altre che non abbiamo mai provato (e ce ne sono tantissime!).
Il benessere è fatto di equilibrio, costanza, colore, curiosità, creatività. Chi è riuscito a fare proprio questo segreto non intende la dieta come la maggior parte delle persone. Siate esploratori e pionieri nel mondo della nutrizione; mettendo in atto un cambiamento del genere si compie un passo in avanti per raggiungere la felicità.
Cambiamo il "No Diet Day" con "The Diet Life"?
Vitamina D, quello che non ci avevano detto
Da tempo ormai la vitamina D è stata dichiarata un ormone: una molecola importante non solo per la fissazione del calcio e per la salute delle nostre ossa, ma anche per una comunicazione importante che attua all'interno degli adipociti, le cellule del nostro corpo in cui viene stoccato il grasso. La vitamina D sarebbe in grado di "comunicare" con il nostro DNA e mettere in moto tutta una serie di processi nutrigenomici positivi. Non a caso è stata chiamata "la vitamina anti obesità". La popolazione italiana è in forte carenza di vitamina D, anche la più giovane, che non misura mai i propri livelli nel sangue. Non trattandosi di un esame che si effettua regolarmente prima dell'arrivo della menopausa, se ne sottovaluta l'importanza. Invito almeno una volta l'anno a misurare il proprio livello di vitamina D, potreste rimanere stupiti dei risultati.
Il 90% della produzione di vitamina D è endogena, grazie all'azione dei raggi del sole sulla cute. E' dunque importantissimo esporsi regolarmente alla luce del sole, ma altrettanto importante proteggersi dai raggi UV mediante delle creme solari. La loro applicazione infatti non ostacola comunque l'assorbimento della luce e di conseguenza la produzione di vitamina D.
Il restante 10% invece si ottiene dagli alimenti. Lo sapete quali sono i più ricchi?
- Alcuni pesci azzurri, come l'aringa, le alici, il salmone e i rispettivi olii
- fegato
- uova, burro, e i latticini in generale.
Cerchiamo di diventare più consapevoli, anche in giovane età, del nostro stato di salute. L'equilibrio e la varietà a tavola portano molti più benefici di quanto si possa credere, che non si limitano solamente al dimagrimento.
Il segreto della forma fisica (intervista)
Date un'occhiata a questa intervista che mi è stata fatta qualche giorno fa, potete trovare qualche spunto interessante.
Buona lettura!
“Il segreto della forma fisica sta nei dettagli”. Chiara Belli, Biologo Nutrizionista, si occupa di tutto ciò che concerne il mondo dell’alimentazione e del benessere in generale dopo un periodo vissuto in Sudamerica, a stretto contatto con la povertà e la malnutrizione. Il suo compito principale non è solo quello di guidare le persone in un percorso che farà loro perdere peso bensì quello di effettuare una educazione alimentare: insegnare loro quali sono i cibi più salutari e le loro migliori combinazioni, in modo da poterli rendere sapienti nella scelta consapevole di ciò che si mangia.
Qual è il suo rapporto con la salute e il benessere al di fuori della sua professione?
Direi olistico. La mia vita professionale non è separata da quella personale, anzi, sono un tutt’uno. Cerco di mettere in pratica giornalmente quello che insegno ai miei pazienti e di essere sempre aggiornata sui temi di nutrizione e benessere. La scienza è un mondo che si evolve rapidamente e che richiede massima attenzione, partecipazione e passione. Solo così si può tra l’altro entrare in empatia con la persona che si ha davanti e che chiede di essere aiutata. Questo a mio avviso è il segreto che rende davvero completo un Nutrizionista.
I suoi pazienti: quali sono le loro necessità più frequenti?
Generalmente i pazienti che si rivolgono a me hanno necessità di perdere peso e di dimagrire, conseguenza dettata da una mancata educazione alimentare da una parte e da un’eccessiva inattività dall’altra. Ci sono però persone che hanno anche problemi di intolleranze ed allergie, persone che necessitano di essere guidate nell’alimentazione sportiva, o in una scelta vegetariana/vegana. Non c’è una classe d’età maggiormente rappresentata, ognuno si presenta con un problema personale che merita un’attenzione esclusiva e personalizzata.
Dieta vegetariana e vegana: maggiori i pro o i contro?
Chi decide di intraprendere il percorso di una dieta vegetariana o vegana di solito sposa una causa che va ben oltre le proprie scelte alimentari: cerca di affrontare la propria vita in modo sostenibile, con il massimo rispetto per l’ambiente e gli animali. Queste persone in linea di massima sono anche più attive dal punto di vista fisico, praticano più sport degli altri. Si può condurre una vita sana ed equilibrata anche prediligendo maggiormente o esclusivamente a tavola alimenti di origine vegetale, quindi senza dubbio sono più i pro, come oramai ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica mondiale.
Crede nei rimedi naturali? Se sì, quali sono secondo lei i 3 migliori?
Io credo nella prevenzione naturale, non nella cura. Madre natura ha fornito all’uomo tutto ciò di cui ha bisogno, ma in senso evoluzionistico non dobbiamo dimenticarci della selezione naturale. Per patologie molto complesse l’intelligenza dell’uomo si è spinta oltre la selezione naturale, creando i farmaci, che sono davvero in grado di curare. Questo non significa però che per piccoli malanni, come il raffreddore ad esempio, le integrazioni con rimedi naturali non possano essere utili, anzi.
Siamo nel 2020: quale incredibile notizia sulla salute vorrebbe sentire al Tg?
Sicuramente il debellamento di patologie correlate all’alimentazione: obesità, sindrome diabolica, diabete, malattie dell’apparato cardiovascolare. Questo sarebbe sinonimo di una presa di coscienza da parte dell’uomo della propria salute da una parte, e di un rapporto migliore con madre Terra dall’altra. L’impatto ambientale migliorerebbe, l’uso di agricolture ed allevamenti sostenibili diventerebbero un tutt’uno con la nostra vita quotidiana e con il nostro modo d’essere, l’emergenza clima non esisterebbe più. La salute dell’uomo rispecchierebbe la salute del pianeta.
Cosa pensa dei rimedi omeopatici?
Il cervello umano è una macchina molto complessa, dotata di una straordinaria energia che può davvero condizionare il funzionamento di un intero organismo. Per quel che mi riguarda vedo l’omeopatia strettamente legata alla psicologia della persona, alla forza di volontà e all’effetto placebo, ma per la cura di patologie molto serie e complesse credo molto di più nell’efficacia di farmaci, frutto della stessa intelligenza umana, che agiscono però sulla fisiologia della persona.
Tutti vogliono sapere come dimagrire e come perdere peso velocemente: che consigli darebbe?
Non esiste un rimedio magico, semplice ed efficace per dimagrire (che è ben diverso dal perdere peso). L’unica combo che ci permette di ottenere risultati veri è quella di un’alimentazione sana unita allo sport, che devono essere però costanti. Si dimagrisce cambiando stile di vita, modificando le proprie abitudini ed uscendo dalla propria “confort zone”, che non significa affatto fare continue rinunce a tavola e svegliarsi tutte le mattine alle 5 per andare a correre. La forma fisica risiede anche nelle piccole cose, come fare le scale per tornare a casa o passeggiare 15 minuti di più al giorno, consumare più frutta e verdura, cereali integrali e legumi, limitare gli zuccheri semplici e i grassi saturi.
Qual è la sua ricetta per stare bene?
Come detto prima, la forma fisica risiede anche nei dettagli. Fare le scale per tornare a casa o passeggiare di più quotidianamente. Dedicare il sabato e la domenica mattina al fitness. A tavola, consumare più frutta e verdura, cereali integrali e legumi, carni bianche e pesce, limitare gli zuccheri semplici e i grassi saturi. Mi appassiona cercare sempre nuove ricette e combinazioni fra i diversi cibi. Non annoiare il palato sempre con le stesse pietanze allontana il rischio di avvicinarsi a cibi apparentemente più palatabili ma decisamente meno sani. Scoprire quello che ci piace davvero, sia dal punto di vista alimentare che fisico, è il segreto per far diventare il benessere personale non un obbligo ma una necessità che tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo innata.
Ricetta: burger di soia e verdure
Ecco per voi una ricetta facilissima decisamente sana da fare quando non avete idee ma vi sentite ispirati a cucinare: gli hamburger di soia con farina di ceci. Possono tranquillamente sostituire un secondo di carne o di pesce, grazie al loro contenuto di proteine vegetali derivanti dai legumi soia e ceci.
Ingredienti:
- Una zucchina, una carota, mezzo pomodoro, un gambo di sedano, una cipolla
- 50 gr di fiocchi di soia disidratati (si trovano nei reparti biologici delle grandi distribuzioni)
- 50 gr di farina di ceci
- olio EVO, curcuma, paprika, pepe, origano, basilico, sale
Innanzitutto bisogna reidratare i fiocchi di soia. Mettete a bollire l'acqua in un pentolino e versateci i fiocchi. Dopo 10 minuti sono perfettamente reidratati, pronti da scolare. Lasciateli raffreddare in un piattino. Nel frattempo grattugiate tutte le verdure, o sminuzzatele scrupolosamente: più piccoli sono i pezzi, meglio è. Mettetele a rosolare in padella con due cucchiai di olio, la cipolla e le spezie.
Quando le verdure sono cotte e raffreddate, unitele ai fiocchi di soia. Amalgamate con un grosso cucchiaio il tutto, e solo dopo aggiungete la farina di ceci, che agisce da legante. Assaggiate il composto e sentitevi liberi di aggiungere altre spezie secondo il proprio gusto. Create delle formine. Io avevo a disposizione quelle per i biscotti, ma va benissimo anche fare delle polpette, o dei classici hamburger piatti. Adagiateli su una teglia con carta da forno, e infornateli per 15-20' alla temperatura di 200 gradi. Se avete il forno ventilato è meglio, ma consiglio comunque dopo 10 minuti di rigirarli in modo da assicurare una cottura completa su entrambe le parti.
Pronti per essere serviti e mangiati!
Buon appetito!
Ricetta: porridge e crema Budwig
La colazione all’italiana è molto tipica: cappuccino e cornetto, caffelatte e fette biscottate con burro e marmellata, spremuta d’arancia con biscotti. Concepiamo il primo pasto della giornata prevalentemente come dolce, mentre ben sappiamo che nel nord Europa, negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo si preferisce la colazione salata (la cosiddetta “internazionale”), o proteica. Tutte le mattine la nostra tavola è caratterizzata dalla presenza quasi esclusiva di carboidrati e di zuccheri semplici, eccezion fatta per le proteine presenti nel latte e nello yogurt.
Nonostante la colazione sia in generale uno dei pasti più ripetitivi delle proprie abitudini alimentari, nei soggetti maggiormente predisposti può portare ad annoiarsi e quindi a cercare qualcosa di diverso, più saporito… e quindi più dolce, più grasso, più calorico.
La crema Budwig e il Porridge sono delle ottime alternative che combinano tutti i macro e micronutrienti fra loro. Non sono delle colazioni nuove, ma solo ultimamente se ne sta apprezzando il loro valore. Sono versatili e indicate anche per chi segue una dieta vegetariana o vegana.
Se combinate ad una buona tazza di te’ verde biologico od a una tisana di frutta, otterremo una colazione sana, completa ed anche in linea con regimi dietetici. Provare per credere!
Crema Budwig
Ideata dalla tedesca Johanna Kusmine negli anni ’50, è molto famosa in quanto predilige l’uso di acidi grassi polinsaturi, soprattutto acido linoleico (Omega 6) ed acido alfa-linolenico (Omega 3) e dal punto di vista nutrizionale è molto ben strutturata. Per questo si avvale della nomina di una delle “colazioni più ricche del mondo”. E’ importante che gli ingredienti utilizzati siano freschi e macinati al momento, in modo da preservare quanto più possibile tutte le loro proprietà nutrizionali. Ecco quello che occorre:
- 2 cucchiaini di semi di lino o di olio di semi di lino, fonte di omega 3 e 6
- 2 cucchiaini di cereali integrali (quinoa, riso, miglio, avena, farro), fonte di fibra, carboidrati, proteine, vitamine e sali minerali
- succo di ½ limone, 1 banana matura, 1 frutto di stagione tagliato a pezzetti, fonti di fibra, vitamine e sali minerali
- 2 cucchiaini di yogurt vaccino o di soia, o di ricotta o tofu, fonte di proteine ad alto valore biologico
- 2 cucchiaini di frutta secca (noci, mandorle, nocciole, semi di girasole), fonte di omega 3 e 6.
Con un comune mixer da cucina è necessario macinare finemente semi di lino (nel caso si preferiscano all’olio, cosa che consiglio in quanto i semi contengono un po’ più di proteine), i cereali integrali e la frutta secca. Successivamente si uniscono a tutti gli altri ingredienti finchè non si ottiene una crema omogenea, sulla quale possiamo porre infine la frutta fresca di stagione spezzettata. La prerogativa di questa colazione è che sazia abbondantemente per tutta la mattinata fino all’ora di pranzo. E’ particolarmente indicata dunque a chi, per motivi di lavoro o di qualsiasi altro genere, è strettamente impossibilitato a fare lo spuntino di mezza mattinata.
Porridge
E’ una colazione tipica anglosassone, e a volte può addirittura sostituire il pranzo. Il valore aggiunto di questa preparazione è l’avena, un cereale dalle tante proprietà: ricco di proteine (12 -15%) e di acidi grassi essenziali, è anche un’ ottima fonte di vitamina B1. Aiuta a combattere il colesterolo cattivo, contiene tanta fibra e per questo aiuta a rimanere più sazi più a lungo. Gli ingredienti del Porridge sono:
- una manciata di fiocchi d'avena
- due tazze e mezzo di latte vaccino o di soia
- mezza mela tagliata a fettine, od un frutto di stagione
- un cucchiaino di zucchero integrale di canna
- una spolverata di cannella, se gradita.
I fiocchi d’avena con il latte vanno fatti bollire per circa 10 minuti in una pentola su fuoco lento. Il resto degli ingredienti si aggiunge alla fine, soprattutto la cannella per dare un tocco ancora più dolce ma naturale alla preparazione. Volendo, si possono aggiungere anche nel porridge frutta secca, zenzero, crema di mandorle o di arachidi fatte in casa.
L'importanza del controllo nutrizionale
A volte i pazienti mi dicono che non ha senso presentarsi ai controlli, o che preferiscono rimandare di una settimana per numerose ragioni: non si è perso peso come ci si sarebbe aspettato, si è mangiato male rispetto a quanto previsto dal piano alimentare, non si è dell’umore giusto, o addirittura si deluderebbero le mie aspettative.
Presentarsi al controllo, a prescindere dai risultati ottenuti, è un atto di conoscenza. Durante la visita non si vince un premio o si supera una prova, e al nutrizionista non bisogna dimostrare nulla: ripartire dagli errori commessi è una presa d’atto e un gesto d’amore verso se stessi. Il titolo di questo blog recita: “Il corpo è come un tempio e come tale va curato e rispettato, sempre.” Questo “sempre” si riferisce anche ai momenti no. Al controllo si capisce insieme cosa bisognerebbe migliorare, eventuali cambi di direzione, si studia il periodo particolare che eventualmente si sta attraversando, si fa un’anamnesi attenta del proprio stato fisiologico e patologico. La maggior parte delle volte, i pazienti che arrivano scoraggiati vengono accolti con delle sorprese inaspettate. Il peso non si è mosso più di tanto ma dall’analisi antropometrica risulta che le circonferenze sono notevolmente diminute, e dalla bioimpedenziometria si scopre che le variazioni di peso sono dovute ad oscillazioni dei liquidi.
Mi rendo conto che ci vuole tempo per rendersi completamente indipendenti dal risultato della bilancia, dando invece maggiore importanza alle proprie sensazioni, o se siamo finalmente riusciti dopo tanto tempo ad indossare quel vestito o quel paio di pantaloni dimenticati nell’armadio.
La sensazione di benessere è la cosa che più conta, e parte da dentro. Per questo motivo praticare attività fisica, di qualsiasi entità, aiuta sicuramente a sentirsi meglio lavorando in sinergia con il cambiamento delle abitudini alimentari. E velocizza anche i risultati!
Dolci di Natale: quali scegliere?
Già da un mese e mezzo a questa parte i supermercati si sono riempiti di dolci natalizi, e la classica domanda che ci poniamo dall'8 dicembre in poi (ma anche prima) è: PANDORO o PANETTONE? Io ci aggiungo: o TORRONE? Vi elenco innanzitutto i principali ingredienti di questi dolci natalizi così come sono riportati sulle confezioni, tenendo in considerazione le ricette classiche.
Pandoro (originario di Verona): Farina di frumento, uova fresche, burro, zucchero, lievito naturale, emulsionante: mono e digliceridi degli acidi grassi di origine vegetale, sciroppo di glucosio - fruttosio, latte scremato in polvere, sale, burro di cacao, aromi.
Panettone (originario di Milano): Farina di grano tenero tipo '0', uova fresche, uvetta sultanina (16%), scorze d’arancia candite (14,5%) (scorze d’arancia, sciroppo di glucosio-fruttosio, zucchero), zucchero, burro, lievito naturale, emulsionante: mono-digliceridi degli acidi grassi, latte scremato in polvere, sale, aromi.
Torrone alle mandorle (origine diffusa): Mandorle 50%, sciroppo di glucosio-fruttosio, zucchero, miele 4,5%, ostie (fecola di patate, acqua, olio vegetale), albume d’uovo, aromi.
Come vi mostro in questa piccola tabellina sottostante, il confronto fra pandoro e panettone è pressoché uguale: a parità di calorie su 100 grammi, è vero che il pandoro contiene più grassi (perché nell'impasto è presente più burro), ma nel panettone sono presenti più zuccheri. Sappiamo che il troppo di tutto non fa bene, che si tratti di grassi saturi o di zuccheri semplici. Il discorso si complica ancora di più per il torrone: nella ricetta di quello classico alle mandorle, troviamo quasi 500 kcal per 100 grammi, quasi il doppio degli zuccheri semplici di pandoro e panettone e un quantitativo maggiore di grassi.
Durante le festività non c'è una regola precisa a cui attenersi, è giusto che le tradizioni vengano rispettate così come la convivialità goduta, insieme alla gioia di stare insieme e alla condivisione del cibo. Scegliete dunque secondo il vostro gusto, cercando di limitarne le quantità e adottando la saggia decisione di fare un po' più di movimento durante il Natale. L'inverno regala degli scenari meravigliosi per approfittare di una passeggiata, per andare in giro per mercatini natalizi, per riscoprire le bellezze nascoste della propria città.
Approfittiamo del maggior tempo libero che abbiamo non solo per mangiare e stare in casa, ma anche per muoverci in modo intelligente.. non cura l'anima anche questo?
A prestissimo con un post dedicato a piccoli consigli su come sopravvivere ai giorni clou del Natale e del Capodanno!
La bioimpedenziometria. Cosa, come e perchè
Conoscere la composizione corporea non vuol dire conoscere solo il proprio peso, ma significa capire in modo oggettivo ed analitico da cosa è composto (muscolo, acqua, grasso) e come le componenti cambiano nel tempo. Attraverso la metodica della BIOIMPEDENZIOMETRIA (BIA) siamo in grado di analizzare lo stato di idratazione (valutando eventualmente stati di ritenzione idrica o disidratazione e lo stato nutrizionale), valutare la quantità di muscolo e grasso corporeo, stimare il metabolismo basale.
L'analisi vettoriale di impedenza tramite monogramma Biavector (BIVA = Bioelectrical Impedance Vector Analysis) offre uno schema interpretativo immediato circa lo stato idrico e nutrizionale del soggetto. Numerosi studi hanno dimostrato che non esistono metodiche in grado di valutare in maniera precisa i vari componenti corporei (% di massa grassa, % di massa magra, ecc.). Le misure biolettriche individuali rilevate dal sensore vengono elaborate da un software specifico che non si limita a fornire le stime dei compartimenti corporei: grazie al grafico esclusivo Biavector, permette di valutare direttamente e senza errori lo stato di idratazione, la quantità e la qualità di cellule all'interno dei tessuti. L'analisi si basa su un test semplice e non invasivo. E' sufficiente applicare 4 elettrodi adesivi al soggetto disteso sul lettino.
- Controlli periodici facilitano la comprensione dei cambiamenti di composizione corporea, valutando, al di là del peso corporeo, la reale modificazione del tessuto magro e grasso.
- L'esame BIA eseguito con gli strumenti Akern non è pericoloso, può essere effettuato su tutte le tipologie di soggetti: donne in gravidanza, neonati, anziani, ecc.
- Oltre 30 anni di ricerca e migliaia di studi delle più prestigiose cliniche e centri di ricerca in tutto il mondo sono una garanzia dell'efficacia e della sicurezza del metodo.
Quali sono gli obiettivi?
- Identificare lo stato reale della composizione corporea all'inizio di un percorso nutrizionale, non limitandosi solo al peso corporeo ma valutando in maniera precisa la qualità e la quantità di liquidi, cellule di grasso dei quali il corpo è composto.
- Modificare la normale alimentazione per curare, controllare o correggere errori alimentari o squilibri metabolici.
- Controllare l'equilibrio idro-elettrolitico, che è la base di partenza per migliorare vitalità, conicità e forza muscolare
- Coprire tutti i fabbisogni di energia e nutrienti.
La qualità del lavoro che possiamo svolgere insieme sarà di gran lunga superiore.
Vi aspetto!