Tutta la verità sul digiuno intermittente

“Il numero di libri di diete che incoraggiano a incorporare il digiuno nelle nostre vite è maggiore di vari ordini di grandezza al numero di trial che esaminano se il digiuno dovrebbe essere incoraggiato in generale”.

Ian Templeman, 2020

Il digiuno si pratica da millenni, basti pensare a chi lo fa per motivi religiosi e non dietetico/estetici come nel caso del Ramadan. Solo negli ultimi anni però si è iniziato a parlare tanto di digiuno intermittente (DI), ed andando ad analizzare le motivazioni, credo che si sia tutto innescato in contro-risposta ad una società obesogena ma estremamente contraddittoria, dove il junk food e la pubblicità ci spingevano (e spingono) a mangiare in maniera poco salutare ma i canoni estetici sono sempre più severi ed inclementi.

Premessa doverosa: con il termine digiuno intermittente si indicano diverse tipologie di interventi nutrizionali, molto diversi fra loro, dove la finestra di digiuno è inferiore alle 48 ore consecutive. Esiste il digiuno a giorni alterni (alternate day fasting, ADF) quello per due giorni a settimana, consecutivi o meno, (anche noto come la dieta 5:2) e l’alimentazione ristretta nel tempo con l’assunzione dell’intero apporto calorico quotidiano in una finestra ristretta della giornata (TRE, Time Restricted Eating, di cui fa parte il famosissimo e diffusissimo 16:8).

Dire “digiuno intermittente” non significa nulla e confonde le persone, che pensano che uno valga l’altro.

Detto questo, le ultime ricerche sistematiche della letteratura scientifica riportano tutte lo stesso risultato: i dati non sono sufficienti per dimostrare una reale efficacia del digiuno intermittente sulla perdita di peso, sul miglioramento dei parametri cardiometabolici e sulla resistenza insulinica. I risultati sui modelli animali erano molto più promettenti, quando si è iniziato a fare esperimenti sull’uomo sono iniziati i problemi. Questo perché gli innumerevoli studi eseguiti (sugli innumerevoli tipi di DI) differiscono per la mancanza di procedure standardizzate. Alcuni dimostrano, anche in soggetti fortemente obesi, un vantaggio nella perdita di peso ma non nel miglioramento di glicemia e colesterolo, altri esattamente l’opposto.

E’ assolutamente sconsigliato un DI “fai da te”, perché se la mancanza di energia si protrae, il corpo risponde e si adatta: attiva meccanismi di difesa che rendono le cellule più resistenti agli stress metabolici e innesca l’autofagia, ovvero una morte cellulare controllata, un “suicidio altruistico”, in cui le componenti delle cellule vecchie diventano materiali disponibili per nuove strutture.

In questo modo però il metabolismo basale non riesce più a lavorare in maniera ottimale, e se è già presente un eccesso ponderale il rischio è quello di alimentare una catena senza fine dove non si perde peso e i parametri cardiometabolici non migliorano.

C’è assolutamente la necessità di esperimenti condotti per periodi più lunghi (almeno un anno), secondo protocolli di intervento ben delineati e condivisi, e su determinate categorie di pazienti (normopeso o obesi, prediabetici o sani, uomini o donne - perché sembra esserci un’influenza del sesso nella risposta al digiuno) in modo da poter trarre dati certi ed inconfutabili. 

Un bellissimo lavoro pubblicato Nature Endocrinology solo un anno fa dichiara: «Il grado di perdita di peso è pari a quello ottenuto con gli approcci di restrizione calorica tradizionali. L’impatto sui parametri di rischio cardiovascolare e metabolico è ancora incerto. Mentre alcuni studi hanno dimostrato miglioramenti nella pressione sanguigna, LDL, colesterolo, trigliceridi e resistenza insulinica, altri hanno mostrato che questi effetti positivi non ci sono».

Quindi DI sì o no?

Se senti che non è nelle tue corde, non c’è assolutamente motivo per il quale ti debba costringere a farlo. Se senti invece che è il modello alimentare che fa per te, va ugualmente benissimo!

E’ necessario comprendere che non è il digiuno intermittente in se’ a portare vantaggi, ma è la restrizione calorica, in qualsiasi sua forma, che porta a dei reali benefici per il nostro organismo.

Concludendo:

  • Non funziona di più rispetto a una dieta normale per perdere peso

  • Non insegna nulla dal punto di vista nutrizionale e della gestione dell’alimentazione

  • Non corregge glicemia, colesterolo o altri parametri metabolici in modo migliore rispetto ad altri protocolli di restrizione calorica.

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